La linea Firenze-Bologna in AV è sicuramente il modo più comodo di arrivare a Bologna (e poi Milano) dalla zona di Firenze. Inaugurata alla fine del 2009, è una linea percorsa da treni comodi, rapidi, silenziosi, che passano fisicamente “dentro l’Appennino” tramite un lungo tunnel dalla stazione di Firenze Castello. E’ un’infrastruttura fatta in modo tale che se ti siedi al tuo posto a Firenze Santa Maria Novella, hai appena il tempo di guardare le notifiche sullo smartphone e manco ti accorgi che sei già nel capoluogo emiliano. E’ l’ottimale per chi viaggia per business in quelle zone. La vecchia linea Prato-Bologna è invece una linea splendida dal punto di vista “paesaggistico” perché attraversa tutta la valle del Bisenzio della provincia di Prato, il parco del Monte Sole sino a scendere nella zona di Pianoro e ricongiungersi quasi con la linea Alta Velocità poco prima di Bologna. Come se le due linee fossero divise ma si ricongiungessero poco prima della meta per dirsi “siamo diverse, ma tanto sempre li dobbiamo arrivare”.
Linee per Bologna da Prato e da Firenze (fonte
http://www.openrailwaymap.org/)
La linea Prato-Bologna è una linea dove al massimo un treno può arrivare alla velocità di 180 Km/h, il che significa che la linea è “omologata” per quella velocità, ma normalmente un treno che la percorre viaggia ad una velocità inferiore. La linea AV che parte da Firenze è invece una linea omologata per 300 km/h ecco perché il tempo di percorrenza per Bologna è inferiore.
Capita che da un po’ di tempo periodicamente devo recarmi a Bologna per lavoro.
E io da circa 6 mesi scelgo di andare a Bologna per lavoro con la linea lenta. Perché? Proprio perché è più lenta.
Normalmente la mattina da Prato c’è un regionale alle 7.32 (il 6538) che da Prato Centrale ferma a San Benedetto Sambro-Castiglione e procede per Bologna Centrale. Non che perda tempo di lavoro, oggigiorno se vuoi lavorare puoi farlo ovunque e ad ogni ora (anche in treno) e a me basta un portatile ed un po’ di connessione internet per farlo. Ma sto di più in treno e normalmente uso quell’ora per riflettere, leggere qualcosa o anche solo guardare dal finestrino un paesaggio che sulla linea AV non c’è tempo di vedere. E’ un’ ora che decido di prendermi per me.
Stazione di Prato Centrale e Stazione Bologna centrale, la “linea lenta”
Mi capita molto spesso di guardare i ragazzi che in quel treno vanno all’università, devo dire con grande nostalgia per quei momenti, che forse quando li ho vissuti un po’ li ho maledetti per qualche professore stronzo o qualche esame un po’ cazzuto. Ma adesso no, sarebbe diverso, rifare l’università due volte con l’esperienza della prima volta e del mondo del lavoro sarebbe seriamente diverso. Con qualche studente provo l’approccio diretto, specie con quelli che vedo studiano “le mie materie” cercando di provare a far loro coraggio o anche solo raccontargli i miei aneddoti “di quando ero un giovane universitario come loro”.
E ho scoperto che i ragazzi di quel treno ti ascoltano molto di più di quello che si possa pensare.
E che non è vero che i ragazzi di oggi sono tutti degli snob nei confronti dei “matusa”e che a volte forse hanno solo bisogno di un confronto. Meglio se fatto con qualcuno che non ha secondi fini e che parla per il piacere di spiegare qualcosa o solo per sapere loro cosa ne pensano. E scopro così uno di loro che ha voglia di “diventare qualcuno”, uno di loro che pensa “ma chi me lo ha fatto fare?”, uno di loro che ripete continuamente “ma nel lavoro tutto questo mi serve?”. Tutti però hanno in comune la voglia di imparare e la voglia di discutere di quello che studiano quasi come se non fosse loro sufficiente il libro. E nell’era in cui viviamo mi pare naturale che non basti un libro. E che forse internet è invece troppo. A volte forse serve loro discutere (in modo analogico) di quel libro con qualcuno che stia vivendo come loro i tempi di internet per provare ad attualizzare tutto quello che lì dentro c’è scritto.
Ed un viaggio in treno diventa quindi questo. Diventa un momento di confronto su cosa sia oggi un corso di analisi matematica.
Perché, ad esempio, analisi matematica non è niente di più che un “concime necessario” per rendere un orto fertile per apprendere quello che in futuro dovrai coltivare. Nessuno nel mondo del lavoro ti chiederà se l’hai studiata, ma in molti ti metteranno davanti prove che presuppongono che tu abbia l’apertura mentale data da quell’esame per affrontarle.
Perché, ad esempio, ingegneria del software è un esame che fornisce i principi necessari a progettare. Non ti svela quale strumento serve per creare un buon progetto. Perché la tecnologia cambia talmente velocemente che nessun prof può dirti “cosa devi usare”, ma può lasciarti il metodo e il processo per farlo bene.
E così, il mio viaggio in treno è diventato in questi mesi un piacevole momento e una riscoperta di ciò che oggi si studia, imparando molto da quanto mi dicono gli studenti, provando a spiegare che studiare non serve ad avere “un pezzo di carta” e che non serve a nessuno “diventare qualcuno” se non si è imparato prima ad usare lo studio come strumento per affrontare il lavoro e la vita. Vita, che per quanto oggi vada “ad alta velocità” ci fa assaporare i suoi momenti più splendidi sempre sul “binario lento”.