Eccoci qua. Tra due giorni è il 24 agosto 2017. Doveva arrivare prima o poi. Un anno. Un anno dal primo sisma del 2016 nel Centro Italia. Un anno dalla nascita del nostro progetto di informazione TerremotoCentroItalia (detto anche *TCI *come lo chiamiamo tra “gli affezionatissimi”). Da oggi in poi immagino sarà un continuo ascoltar ripetere le seguenti frasi “un anno dal terremoto ad Amatrice”, “un anno dal terremoto a Norcia”, “un anno dalla distruzione del Centro Italia”, “un anno dalla distruzione dei monti Sibillini”, “un anno da Rigopiano” etc… Devo dire la verità: in questi giorni sono stati in tanti a telefonarmi e scrivermi per avere un mio contributo su “un anno dal terremoto”, ,ma ho sempre declinato l’invito a rilasciare interviste. Il motivo è semplice: non avrei saputo dare una visione completa di quello che sta accadendo adesso nei luoghi terremotati. Dopo i sismi non ci sono mai stato. Ogni media si assume però, la responsabilità di parlare “per conto suo” e tramite “la sua inchiesta”. Ogni media si assume la responsabilità di darvi “la sua versione” che non è assolutamente aggregante anzi. E’ volutamente una sola pagina di una storia molto lunga e complessa. Sicuramente è la verità, ma è solo una verità. Cioè, è pur sempre una parte di un racconto che per essere raccontato avrebbe avuto bisogno di un progetto molto diverso. Probabilmente avrebbe avuto bisogno di un “racconto collettivo”, messo in piedi da tanti giornalisti, da testate diverse che, unendo le forze e le risorse, avrebbero potuto arrivare alle fonti (ad un anno secondo me era doveroso). E di intermediari validi per capire cosa è e cosa è stato questo anno ce ne sono molti. Certo, TerremotoCentroItalia prova ad essere un contenitore di segnalazioni utili e una prima fonte. Poi però bisogna parlare con le persone che sono sul campo. Bisogna parlare con Sara Vegni di ActionAid Italia che si è adoperata per un anno intero sul territorio per relazionarsi con le comunità distrutte. Bisogna parlare con tutte quelle realtà associative che si sono formate in modo spontaneo sui territori per spirito di attaccamento a quei luoghi (ad esempio Chiedi alla polvere, ma ce ne sono moltissime altre). Bisogna parlare con i pastori di Amatrice, come dice giustamente Titti Postiglione in questo intervento, vanno guardati in faccia (perchè online le emozioni si percepiscono molto male). E bisogna anche seguire a fondo progetti come Ricostruzione Trasparente per comprendere cosa sia stato, cosa non sia stato, cosa sarà fatto e cosa non sarà fatto per la ricostruzione di quel pezzo di paese. Son tutte fonti che hanno avuto (chi online chi no, non importa) diretto contatto con le persone che il terremoto lo hanno visto, lo hanno vissuto e lo vivono tutt’oggi sulla loro pelle.
Non starò a farvi la storia di cosa è TCI per l’ennesima volta. Dopo averlo, raccontato e promosso con tutta la nostra forza penso che non serva più. Quello che posso fare, è invece scrivere qui, un po’ in sordina, nel mio blog, che in un anno TerremotoCentroItalia non si è mai fermato. Proprio stanotte il progetto era operativo per supportare la divulgazione delle notizie su quanto accaduto ad Ischia. Al contrario di tutte le aspettative. Anche delle mie, lo confesso. A dimostrazione che non è vero che se un progetto non è direttamente spinto dai soldi muore. A dimostrazione del fatto che con un po’ di coordinamento un progetto come questo può essere di aiuto e non ostacolare o mettersi in competizione con gli enti pubblici. A dimostrazione del fatto che tutt’oggi occorre ancora segnalare e far raccontare ai terremotati ciò che accade (se guardate le segnalazioni dei fabbisogni, le ultime arrivate sono di Agosto 2017). E questo è grazie ad una redazione sempre operativa composta da molte persone che non conoscevo così bene, ma che adesso reputo “amici”.
A distanza di un anno posso dire che l’impatto che questo progetto avrebbe dovuto avere in modo orizzontale su altri fronti, oltre che su quello del sisma, c’è stato solo in parte. Ho provato a scrivere qui qualche settimana fa che se è possibile creare un racconto di quello che avviene è stato perché le informazioni di TCI sono accessibili a chiunque ed in formato aperto. Questo crea un insieme di contenuti che oggi costituiscono un anno di opendata costantemente aggiornati in primis dalle persone che li generano e successivamente dalla redazione di TCI che li modera, ne aggiorna lo stato, li cancella se non sono reputati utili. Questo è appunto un processo in continua evoluzione di produzione di dati che costituisce il “cuore” del progetto e che a mio modesto parere dovrebbe essere replicato (e certamente migliorato) laddove si debba comunicare durante una crisi. Indipendentemente dall’aspetto tecnologico. Chisseneimporta delle tecnologie da usare. E’ un aspetto assolutamente marginale. Chiunque si concentri sulle tecnologie e non sul reale problema degli opendata trova sempre un “mago dell’ultim’ora” che vorrà vendergli una tecnologia nuova di pacca e perderà di vista l’obiettivo di produrre i dati utili. E su questo punto, in questo anno non si è riflettuto secondo me abbastanza, direi (quasi) per nulla, se non altro pochissimo a livello generale e tutto molto legato ad azioni di singole persone.
Tra gli altri benefici abbiamo potuto constatare che produrre dati di questo tipo in emergenza consente di “agganciare” i territori colpiti al resto del paese e anche del mondo intero, perchè i fabbisogni vengono strutturati in un formato tale che è condivisibile da tutti, uomini e computer.
In questo anno sono stato invitato e ho preso parte a diverse riflessioni, riunioni, discussioni sul tema “emergenze” e posso dire che effettivamente non esiste un sistema italiano di produzione dati aperti in stato di crisi. Non sono state nemmeno prodotte linee guida o strumenti che potrebbero essere utili a tanti enti che hanno poche risorse per crearli da soli. Le pubbliche amministrazioni si sono “arenate” da una parte sui social network perché si è scoperto che la “comunicazione è social” (come se fosse obbligatorio stare su Facebook), dall’altra sul tema trasparenza e sull’archiviazione dei dataset, così una tantum. E non c’è nessuno che metta assieme le due cose. Pochissimi che abbiano seriamente compreso che l’informazione aperta costituisce presupposto fondamentale non solo per la creazione di servizi informativi al cittadino (che già sarebbe cosa nobile), ma anche per alimentare i canali di comunicazione tradizionali che, ricordo, in caso di emergenza, vanno dal megafono alla radio, alla TV e anche ai social. I dati aperti potenzialmente possono alimentare tutti questi canali, compresa la “voce” di quelli che devono guardare in faccia i pastori di Amatrice. Questa è stata un’estate terribile per l’Italia, ad esempio per gli incendi, piaga che affligge ormai da anni il nostro paese. Sono pochi i casi in cui “dai territori” si sono aperti dati utili. Eppure le informazioni in qualche cassetto ci sono: mancano la volontà e gli strumenti per poterle divulgare.
E adesso i miei doverosi grazie. In particolare lasciatemi dire grazie alla redazione di TCI ed al prezioso lavoro di Marieva Favoino, Cristina Galasso, Donata Columbro, Rosy Battaglia, Andrea Borruso, Christian Quintili, Chiara Parapini, Sara Vegni e tutto lo staff di Action Aid Italia, Fabio Manfrin, Edoardo Poeta, Francesca Maio, Antonella Milanini, Gloria Schiavi, Giorgia Brugnerotto, Lorenzo Perone, Valeria Villan, Andrea Nelson Mauro. Un grazie va a OpenstreetMap Italia. Un grazie va a Waze Italia. Un grazie forte lo devo agli hacker civici che si sono messi da subito a disposizione nel realizzare l’aspetto tecnologico di tutto questo, trovate il team qui e qui. Ringrazio infine la community delle persone che sta tutt’ora in continuo ascolto e collabora, supporta, rilancia e parla del fatto che il terremoto ancora c’è, non è finito con le scosse di un anno fa, anzi va tutt’ora raccontato perchè non riguarda solo i popoli colpiti ma tutti noi. Loro sono il “gruppone” Telegram di TCI. Un grazie va a tutti coloro hanno anche solo condiviso una notizia utile per noi. Un ultimo e grande grazie va a Matteo Fortini, con cui forse da anziano scriverò un libro intitolato “Si può sempre fare qualcosa”, senza il suo supporto tutto questo non sarebbe stato possibile. Sono queste persone che hanno costruito un riflettore che non si è spento e che resterà acceso penso fino a che servirà.
Concludo il mio post questa volta in modo un po’ pessimistico, non tanto per il terremoto in sé, che già è una tragedia di dimensioni immani di per sè (ma saranno altri a raccontarvelo in questi giorni e a darvi prospettive per il futuro) quanto per il paese Italia sui temi di cui vi ho parlato sopra. Io non sono un allarmista, ma intendiamoci, noi siamo solo in attesa della prossima strage, guardate cosa è accaduto proprio ieri ad Ischia: non linkerò per evitare polemiche la pagina web della protezione civile del Comune di Ischia, ma chiunque di voi può facilmente verificare (a titolo di esempio) la situazione per questo Comune. E come questo molti altri comuni italiani. La maggioranza. Perchè i comuni italiani non sono Roma, Firenze e Milano. I comuni italiani sono Amatrice, Accumoli, Arquata, Norcia e Ischia. E, quindi, dopo la prossima strage se niente sarà stato fatto dal punto di vista dell’apertura dei dati ci ritroveremo a piangere non solo (lecitamente) le vittime (che come abbiamo visto ci sono a prescindere dagli opendata) ma anche a lagnarci di quanto farragginoso e burocratico sia questo paese nella comunicazione degli eventi, nell’uso della tecnologia e nell’invio delle informazioni. Noi con TCI ci abbiamo provato, in un modo forse poco ortodosso, forse poco progettato, ma in un modo che ha dato alcuni piccoli frutti. Chi fosse ancora interessato ad approfondire ci contatti. Noi ci abbiamo provato. Grazie ancora a tutti.